Autorock – Zona di esclusione

“Zona di Esclusione” nasce come colonna sonora per una serie di podcast programmati da Radio Rust Station, una web radio nata nel 2020. I podcast sono ispirati al disastro nucleare di Chernobyl e di Prypiat e agli avvenimenti successivi, poco conosciuti, come ad esempio l’oscuro lavoro dei Liquidatori. L’album è ossessivo e circolare, senza apparente via d’uscita. Ma spesso, è solo addentrandosi in un enorme mucchio di macerie e di rottami, che è ancora possibile trovare qualcosa. Sintetizzatori, rumori e drum machine, mettono in scena un immaginario viaggio alienante, non solo attraverso uno spazio fisico devastato, ma anche dentro la mente di chi forse non è riuscito ‘a fare in tempo’, di chi è rimasto solo e di chi non sarà mai più la stessa persona. Perché c’è sempre un prima e un dopo

Con le parole sopra la band presenta l’album in questione. Abbiamo ascoltato “Zona di Esclusione” e quelle che seguono sono le nostre parole a riguardo.

“A plastic-toy spring” è l’opener del disco. Esordio con “rumori” d’ambiente. Poi entra un beat tanto pesante e ritmato con synth bass di contorno davvero marziale. Arriva anche un refrain con variazioni più luminoso, suonato. Il tutto si chiude con un suono ripetitivo. Il sound trasmette malinconia e fa pensare a qualcosa di post rock/electro alla God is an astronaut. Segue la title-track “Zona di esclusione”. Si comincia con queste casse simil tribali. Poi entrano sonorità industrial e come non pensare a qualcosa della sterminata produzione dei Nine Inch Nails, soprattutto quelli più strumentali. Qui assaporiamo un mood tanto sci-fi. Le spirali sonore attirano tanto focus da parte dell’ascoltatore. Un loop da ascoltare all’infinito.

La terza canzone si chiama “Children’s farm” e abbiamo altre bordate sonore tanto gravi, austere su un beat tra downtempo e trip hop. Qui, come nel pezzo precedente, il dark ambient domina incontrastato. In “Children’s farm” questo dark ambient assume in gran parte la forma di drone ambient. Anche qui mood tanto sci-fi, tanto alieno.

“Forgive me” è molto più melodico con basso e chitarra che ci portano fraseggi che sanno anche qui di malinconia. Accompagnano spoken sparsi. Alcuni climax sonori sono prodigiosi e ravvivano l’ascolto. Che bella la “monotonia sonora” di Autorock con questi riff ossessivi e martellanti che entrano nel cervello e ti scatenano pulsioni incontrollate….

“Birds” è la più breve della serie. Troviamo altri spoken e sonorità tanto ambient e dreamy. Una sorta di intermezzo, di “luogo di tranquillità” nel disco….”Collapse” chiude il tutto con questi “noise” cavernosi ed inquietanti. Qui un basso prorompente detta legge accompagnato da altri spoken e ci sembra di essere atterrati sulla luna…dopo circa metà canzone c’è la svolta con questi tappeti sonori tanto ampi, ariosi e sempre malinconici.

“Zona di esclusione” è un “oggetto” davvero particolare, un album inconsueto, anomalo e allo stesso tempo tanto sorprendente. Drone ambient, ambient, dark ambient, post rock ed industrial troviamo in questo album che si offre a noi come ibrido stupefacente.

Gli Autorock ci invitano a salire sulla loro astronave spaziale verso un luogo ignoto, un luogo davvero inquietante. Sono come eremiti in mezzo al nulla e portano anche noi in mezzo al nulla. Insieme a loro, in quel nulla, in quel vuoto spaziale scorgiamo bagliori di incomputabile bellezza. In “Zona di esclusione” notiamo che è stato fatto un buon lavoro di produzione sonora, mix e master. Insomma, Autorock è sinonimo di viaggio dark, astruso ed inquietante. Alcune loro vibrazioni sonore/“distorsioni” sono come lance che ti trapassano il petto….

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