>>Al via Salam Music Stage

E’ partito ​venerdì 21 aprile il laboratorio “​Salam Music Stage​” che coinvolge quattro richiedenti asilo, ospiti nel centro di prima accoglienza presso l’Hotel Bel Sit di Talsano (TA), gestito dall’Associazione Salam ong. Il progetto è curato dalla Joe Black Production, etichetta discografica italiana indipendente, label per artisti e band emergenti. L’obiettivo è duplice: offrire ai beneficiari, da un lato un percorso formativo nel campo musicale, e dall’altro la possibilità di conoscere e allo stesso tempo di entrare “nel mercato dell’industria discografica digitale del terzo millennio” realizzando tre brani che saranno inseriti in una compilation musicale a loro dedicata e distribuiti digitalmente in tutte le piattaforme più importanti del mondo.​

Il progetto strutturato in diverse fasi, prevede step formativi e pratici, dalla pre-produzione alla registrazione e post-produzione, dal mastering finale alla distribuzione e commercializzazione dei brani prodotti. In ogni fase, i quattro partecipanti sono seguiti da uno o più professionisti, presso la struttura della Joe Black Production. Il progetto ​Salam Music Stage “​nasce un po’ per caso​” – racconta Elisa Fedele mediatrice culturale: “​nasce quando Djibril e Falaye un giorno si fanno coraggio e in quell’hotel che li ospita ormai da mesi, ci mostrano i videoclip dei brani interamente realizzati da loro: testi, arrangiamenti, riprese e montaggio.

Con soltanto i loro smartphone e grazie ad un’applicazione scaricata da internet erano riusciti a creare i loro pezzi e a mettere in musica le loro riflessioni sul loro viaggio e la loro condizione di migranti insieme alla loro richiesta di Pace​.” Poi il gruppo si allarga con l’arrivo in struttura di Yaya, che mostra subito le sue doti da rapper, e con Souleymane, appassionato di musica e fraseggio rap. Perseguendo la finalità dell’Associazione Salam di inclusione e inserimento nel tessuto sociale dei richiedenti asilo in Italia, e nell’ottica del riconoscimento e la valorizzazione della specificità di ognuno, nasce così “​la timida idea di far incidere i brani per dargli l’importanza che meritano e che si fa vera e propria realizzazione di un sogno grazie all’incontro con la Joe Black Production con cui l’intesa e la sintonia sono immediati​” come rivela la dottoressa Fedele.

La casa di produzione, infatti, sta regalando ai ragazzi un’esperienza unica nel suo genere rendendoli protagonisti di un percorso di formazione in ambito musicale a tutto tondo che li porta a registrare i loro pezzi e ad avere la possibilità di esprimersi in quanto “​artisti internazional​i” come ama definirli Giovanni Orlando, ​CEO & Producer Joe Black Production. Sono “internazionali” perché la musica dei quattro ragazzi viene da lontano: dall’Africa Sub-sahariana Due di loro, Souleymane e Yaya, arrivano dal Senegal: una nazione bellissima, che ammalia con i suoi mille colori, le sue bellezze naturalistiche…. ma di cui pochi conoscono l’altra faccia: quella di un Paese dilaniato da tre decenni oramai da una guerra per l’indipendenza portata avanti dai ribelli della zona di Cassamace, un ​conflitto a bassa intensità come sono soliti definirlo i pochissimi che in Italia ne parlano. Il Mali è invece il Paese di origine di ​che ​Djibril e Falaye. I due ragazzi hanno attraversato a piedi e su camion pullulanti di uomini in cammino, il deserto del Sahara per giungere nell’inferno libico. Dalla Libia sono poi ripartiti, rischiando il tutto per tutto su di un gommone stracolmo di gente in balìa delle onde del Mediterraneo nell’autunno del 2014. Il Mali oltre ad essere tra i 25 paesi più poveri al mondo non gode di stabilità politica, in quanto ​si presenta ormai da tre anni e ​specialmente nella zona settentrionale, come il teatro di una guerra tra tre fazioni ( il governo di Bamako, i tuareg e i jihadisti vicini ad al-Qaeda) che spinge i civili a lasciare le loro città, i loro villaggi, a separarsi dai loro affetti per mettersi in salvo. “ ​E da tutto questo vortice di emozioni, esperienze, vissuti e speranze che nasce la musica dei quattro richiedenti asilo politico” racconta la mediatrice culturale. E nel solco di una tradizione, quella comune a molti stati dell’Africa sub sahariana, che già riserva a questa forma di espressione artistica un ruolo primario, come mezzo di divulgazione di messaggi sociali. Soprattutto il rap e il reggae sono, infatti, sempre intrisi di contenuti sociali, anche di denuncia delle condizioni dei popoli che gli danno i natali. È musica di strada, come è risaputo, ed è proprio dalla strada che trae ispirazione per tematiche e argomenti e ha il privilegio di arrivare immediatamente al grande pubblico tramite la radio, il più accessibile dei mezzi di comunicazione in società non avanzatissime tecnologicamente. Da qui nasce questa sete di cantare, il bisogno impellente di esprimersi e di essere ascoltati di Djibril, Falaye, Yaya e Souleymane.