Airt’o – Genus

“Immagina di essere con un amico in riva a un fiume, la schiena appoggiata ad un albero, una chitarra in mano, una bottiglia di vino. L’amico si mette a cantare certe cose che ha scritto, cose personali, cose che capisci. E’ quasi il tramonto, l’aria è tiepida. Hai lavorato otto ore, è stata una giornata di merda probabilmente. Ma adesso stai bene.

Questo è Genus, l’esordio del cantautore polesano Airto Pozzato. Un disco che parla una lingua diversa dalla koiné adolescenziale dell’indie italiano. Un disco vero come la voce di un tuo amico. Nel suo DNA ci sono, a detto dello stesso Airto, una serie di classici: Buffalo Bill di De Gregori, Anima Latina di Battisti, Santana, i Led Zeppelin. Già immaginare una canzone che unisca De Gregori e Santana è insolito, no? Ma vale la pena anche di dare un’occhiata agli strumenti suonati: mandolino, organo, armonica, violino, sax, clarinetto, kalimba, congas, berimbeau. Tutto registrato dal vero, niente programmazione digitale, poco editing.

Insomma, Airto si è senz’altro cibato di musica buona durante l’adolescenza, ma appena ha messo piede in uno studio si è divertito a creare un suo mondo da zero. Apre le danze Personalmente, un fiero autoritratto sostenuto da percussioni battagliere, che nel ritornello apre con chitarre elettriche e… marimba (!), per poi passare ad un bridge con fraseggi d’organo degni del miglior progressive inglese. L’alba dei tramonti e’ una ballata maestosa e gonfia di luce, in cui il pianoforte corre fino a toccare vertici di puro pathos. Qualcosa non va inizia come un folk per chitarra e armonica, ma cresce come la marea, fino a raggiungere le vette epiche del disco, con una voce in background che ricorda (giuro) i vocalizzi di Jeff Bucley. Sono solo tre esempi della ricchezza di idee concentrate in ogni canzone. Il merito va senz’altro anche ad Alberto Nemo, musicista e amico di Airto, che ha scritto e suonato quasi tutto negli arrangiamenti. Cosa augurarci per il futuro di questo nuovo, imprevisto, promettente cantautore? Semplicemente che affronti il secondo album con la stessa passione e schiettezza con cui ha realizzato questo, inseguendo solo le idee che ha in testa, senza fermarsi a guardare cosa sta succedendo nella scena indie, ché non gli vengano strani dubbi. Airto, nel suo essere alieno alle mode, vicino ai classici ma irriducibilmente se stesso, non ha niente da invidiare a nessuno, anzi.”

recensione di Andrea Liuzza